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Uomo anziano, DNA, Provette da laboratorio, Molecole

  • Centro Tecnologie Avanzate nell'Invecchiamento

    Il Centro vanta un’esperienza consolidata nell’ambito della biogerontologia, in particolare sui meccanismi genetici, epigenetici, bio-molecolari e cellulari dell’invecchiamento e delle malattie età-associate

  • La ricerca del Centro è indirizzata principalmente ai seguenti settori:

    Senescenza Cellulare e longevità in salute
    La senescenza cellulare è un meccanismo di risposta allo stress ossidativo, replicativo, oncogenico e di altra natura. Ha un ruolo fisiologico fondamentale nella protezione dei tumori e rigenerazione dei tessuti. Tuttavia, è anche uno dei più noti determinanti di invecchiamento dove l’eccessivo accumulo di cellule senescenti converte il ruolo fisiologico originale in uno patologico. Soprattutto grazie all’utilizzo di modelli preclinici, in cui è possibile eliminare selettivamente l’accumulo eccessivo di cellule senescenti, è stato dimostrato che tale rimozione può essere di beneficio nell’arteriosclerosi, nella sarcopenia, nell’osteoporosi, nell’artrosi, nella riduzione di recidive dopo chemioterapia e in numerose altre condizioni patologiche associate all’invecchiamento quali la fragilità. Si è aperta quindi la prospettiva di poter intervenire simultaneamente in numerose condizioni dell’anziano attraverso l’impiego di farmaci capaci di rimuovere selettivamente le cellule senescenti. Le attività del centro in questo settore sono focalizzate sullo studio e lo sviluppo di composti ad attività senolitica o senoterapeutici in grado di contrastare la fragilità e migliorare l’invecchiamento in salute. Sono in corso studi per sviluppare nuovi composti o formulazioni di tipo farmacologico, fitochimico e genetico che permettano di rimuovere selettivamente le cellule senescenti senza danni ad altri tipi di cellule e senza controindicazioni per gli individui anziani. Questa strategia viene perseguita attraverso un iniziale approccio teorico sistematico (Malavolta et al. 2016 ), seguito da una verifica “in vitro” (effettuata anche grazie a innovative tecnologie quali la citofluorimetria a immagini), per poi arrivare alla validazione “in vivo” eseguita attraverso rigorosi studi di longevità funzionale sul modello murino di topo vecchio, ultra-vecchio e fragile. 
    Il centro si è specializzato da oltre un decennio in studi di longevità eseguiti soprattutto su normali topi C57BL/6J, dove oltre alla lunghezza della vita vengono studiati con metodi non-invasivi le performance fisiche (forza, velocità, resistenza, corporatura, attività), le performance cognitive e da quest’anno anche quelle cardiache. Sono altresì calcolati costantemente per tutto l’arco della vita gli indici di fragilità più rilevanti (“frailty index” e “frailty phenotype”) che consentono di monitorare accuratamente la salute degli animali e valutare con estrema efficacia interventi mirati a migliorare la longevità in salute con un'ottica traslazionale (Grohn et al. 2020 ; Brunetti et al. 2020 ; Malavolta et al. 2019a; Malavolta et al. 2019b; Basso et al. 2016; Malavolta et al. 2012). Per ulteriori dettagli consultare la pagina della “Geriatric Mouse Clinic”.

    Il centro è attualmente coinvolto in collaborazioni nazionali ed internazionali per l’identificazione di nuovi senolitici e per la valutazione di efficacia di innovativi senolitici genetici e di integratori contenenti senolitici o senoterapeutici di origine naturale. 

    Invecchiamento e tumori
    Nell’ambito di tale settore vengono condotte ricerche volte a definire nuove strategie per la prevenzione e cura delle neoplasie dell’anziano e ad integrare la disciplina dell’oncologia geriatrica clinica con la ricerca di base. In tale contesto, le attività che vengono sviluppate sono principalmente legate alla caratterizzazione ed utilizzo di bersagli molecolari per terapie immuno-biologiche nei tumori età-associati ed all’ottimizzazione di schemi terapeutici nelle patologie neoplastiche dell’anziano. Tali temi, sviluppati soprattutto a livello di ricerca traslazionale, si occupano della validazione di strategie fitoterapiche (Pierpaoli et al. 2015; Pierpaoli et al. 2013)  ed  immunoterapeutiche (Provinciali et al. 2017; Provinciali et al. 2012) nelle neoplasie dell’anziano. I risultati di tali ricerche hanno lo scopo di definire protocolli di terapia antitumorale specifici per il paziente anziano, soprattutto in considerazione delle problematiche legate alla maggiore tossicità dei trattamenti convenzionali nell’età avanzata. In linea con quanto riportato negli ultimi anni dalla ricerca biomedica sulla capacità di sostanze naturali o di sintesi di interferire con la crescita tumorale inducendo morte delle cellule tumorali o, in alternativa, bloccando la proliferazione cellulare inducendo senescenza prematura nelle cellule tumorali, vengono inoltre effettuati studi sull’effetto antitumorale proapoptotico, di senescenza prematura, ed immunoadiuvante di sostanze naturali e di sintesi (Pierpaoli et al. 2013; Pierpaoli et al. 2010) . 

    Invecchiamento, malattie infettive e antibiotico-resistenza
    Le ricerche svolte in questo settore hanno come obiettivo quello di individuare nuovi approcci terapeutici e/o preventivi nei confronti delle infezioni sostenute da patogeni d’interesse sanitario. L’utilizzo inappropriato degli antibiotici ha portato negli anni allo sviluppo di microrganismi capaci di generare infezioni difficili, se non impossibili, da trattare. Un fenomeno, quello dell’antibiotico-resistenza, che coinvolge buona parte dei batteri che infettano l’uomo, compresi quelli più comuni quali Staphylococcus aureus, Acinetobacter baumannii ed Escherichia coli. 
    Le infezioni sostenute da patogeni antibiotico-resistenti rappresentano un grave problema soprattutto nella popolazione anziana, dove è maggiore l’incidenza ed il rischio di complicazioni gravi dovute all’incapacità del sistema immunitario, compromesso dall’età, nel combattere efficacemente le infezioni.
    Tali temi, sviluppati a livello di ricerca traslazionale, sono focalizzati all’applicazione del concetto di sinergia fra convenzionali terapie antibiotiche e composti bioattivi di origine naturale (peptidi antimicrobici, composti naturali, vitamine, etc.) (Cirioni et al. 2016; Simonetti et al. 2016; Simonetti et al. 2014). Tali sostanze possono, infatti, agire innescando un meccanismo d’inibizione microbica diretta e/o potenziando i sistemi di difesa dell’ospite e risultano efficaci nell’eradicazione delle infezioni resistenti, locali o diffuse, in combinazione con la terapia antibiotica. L’utilizzo di sostanze naturali, a bassa tossicità e basso costo, rappresenta uno strumento utile per ridurre l’incidenza delle infezioni e per aumentare l’efficacia terapeutica, in modo particolare nei soggetti anziani nei quali le alterazioni a carico del sistema immunitario, legate all’età e le carenze nutrizionali, causano un aumento del rischio.

    Ruolo delle infezioni virali croniche nell’invecchiamento, nelle malattie età-associate e nella fragilità 
    Nel corpo umano, ci sono numerose popolazioni virali che costituiscono il viroma, e risultano distinte nei vari compartimenti dell'organismo.  La presenza di particelle virali varia da 109 particelle per grammo nel contenuto intestinale (per lo più fagi) a 108 per millilitro nei fluidi orali, nasali, faringei e saliva; 107 nelle urine, 105 nel sangue. Gli individui adulti ospitano da cinque a dieci virus persistenti o cronici come papillomavirus, poliomavirus, anellivirus, adenovirus e circovirus . 
    Il viroma si adatta in termini di composizione e abbondanza in risposta a diversi fattori legati all'età, come i cambiamenti nel sistema immunitario (immunosenescenza), l'ambiente, la dieta, le infezioni, il consumo di antibiotici e altri fattori intrinseci. In particolare, nei soggetti anziani dove è presente un fenotipo infiammatorio cronico di basso grado, questi cambiamenti del sistema immunitario legati all'età, oltre a portare al declino funzionale immunitario causano una maggiore vulnerabilità alle infezioni virali croniche come quelle da  herpesvirus.
    Tra questi ultimi il citomegalovirus (CMV) sembra avere un ruolo determinante nella stimolazione antigenica cronica contribuendo fortemente all’ immunosenescenza nei soggetti anziani . Alcune evidenze mostrano che la sieropositività al CMV, è associata ad una maggiore infiammazione, e ad un aumentato rischio di mortalità per malattie cardiovascolari (CVD) e di insorgenza di malattie neurodegenerative. 
    Un altro virus in grado di causare infezioni persistenti è il Torquetenovirus (TTV), un anellovirus che rappresenta la componente più abbondante del viroma umano e che ha un’elevata prevalenza nella popolazione generale.
    Recentemente, un’alta viremia del TTV è stata associata ad un aumento del rischio di mortalità nella popolazione anziana e ad una ridotta attività Natural killer (Giacconi et al. 2018). Inoltre, una più elevata viremia di TTV è presente nei soggetti affetti da sindrome di Down, un modello umano di immunosenescenza accelerata, mentre risulta più bassa nei figli di soggetti centenari, una popolazione caratterizzata da un sistema immunitario efficiente e conservato. La replicazione del TTV è stata associata negativamente al numero di cellule CD4+ e un numero di copie ≥4log/ml di sangue potrebbero predisporre ad un rapporto CD4/CD8 invertito aumentando il rischio di fragilità e mortalità negli anziani (Giacconi et al. 2020).
    Studi preliminari mostrano anche un’associazione tra elevata viremia di TTV,  fragilità fisica e cognitiva.

    Genetica ed epigenetica dell’invecchiamento, dei tumori e delle malattie età-associate
    Nell’ambito della ricerca sull’invecchiamento e le malattie età-correlate, un importante campo di studi riguarda l’instabilità genetica e le alterazioni epigenetiche, fenomeni biologici fortemente correlati tra loro. Lo scopo principale di questa attività di ricerca è di identificare nuove proposte diagnostiche e terapeutiche per le principali malattie dell’anziano. In questo ambito, un argomento di particolare interesse è costituito dagli elementi trasponibili, elementi genetici mobili capaci di indurre instabilità genetica e spesso soggetti ad alterazioni epigenetiche (Cardelli et al. 2016; Cardelli and Marchegiani 2013). Vengono effettuati studi sul ruolo dell’instabilità genetica e delle mutazioni causate dagli elementi trasponibili nei tumori (Zhu et al. 2020) e messi a punto metodi per lo studio di questo tipo di mutazioni genetiche a livello dell’intero genoma umano (Cardelli et al. 2012). Anche le alterazioni epigenetiche degli elementi trasponibili, considerate come una caratteristica biologica comune dell’invecchiamento e dei tumori, vengono studiate con diverse finalità. Da un lato, le alterazioni dello stato di metilazione del DNA di specifici elementi trasponibili, i retrovirus endogeni umani, costituiscono un campo di indagine particolarmente innovativo nella ricerca di nuovi marcatori di prognosi tumorale, con importanti risultati già ottenuti (Cardelli et al. 2020). Dall’altro lato, le alterazioni epigenetiche degli elementi trasponibili vengono prese in considerazione per il loro ruolo di marcatori dell’età biologica (Giacconi et al. 2019) e per il loro possibile contributo causale all’invecchiamento e alla senescenza cellulare (Cardelli 2018). Il campo di indagine delle alterazioni epigenetiche nell’ invecchiamento e nella senescenza non è tuttavia ristretto alle sole alterazioni riguardanti gli elementi trasponibili, ma include altri importanti marcatori, quali le alterazioni di metilazione del DNA nei loci già riconosciuti parte del cosiddetto “orologio epigenetico” (Montesanto et al. 2020).

    Biomarcatori diagnostici e prognostici della Multimorbidità e di patologie età associate
    L’invecchiamento progressivo della popolazione nei paesi industrializzati è accompagnato da un incremento notevole della presenza di molteplici patologie croniche nel soggetto anziano. La presenza di due o più malattie croniche nello stesso individuo è stata definita dalla Organizzazione Mondiale della Sanità “Multimorbidità”. La Multimorbidità colpisce in particolare i soggetti anziani (il 65% della popolazione tra i 65 e gli 84 anni, l’82% delle persone over 85), che vedono un peggioramento della qualità della loro vita, un aumento della probabilità di non autosufficienza, di poli-farmacoterapia e della mortalità; ma la Multimorbidità è una problematica che riguarda il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) nel suo complesso: aumentando la probabilità di ospedalizzazione, il tempo di ricovero e il tasso di ri-ospedalizzazione per singolo paziente, la Multimorbidità ha una ricaduta sulle spese sanitarie complessive. Dal 2018, la Academy of Medical Sciences ha dato la massima priorità alla ricerca sulla Multimorbidità, per cercare di diminuire la sua incidenza e, conseguentemente, favorire la sostenibilità del SSN. Tuttavia, non ci sono ancora evidenze scientifiche e dati sufficienti sulla definizione, la diffusione, la cura e il valore prognostico della Multimorbidità.
    Nell’ambito del Progetto di Ricerca “imProving the pROgnostic value of MultimOrbidity through the inTegration of selected biomarkErs to the comprehensive geRiatric Assessment (PROMOTERA)” approvato dal Ministero della Salute verranno studiate le capacità diagnostiche e prognostiche di molteplici biomarcatori tra cui quelli epigenetici nei confronti della Multimorbidità. Attraverso l’integrazione di biomarcatori genetici, epigenetici e proteici con quelli clinici e quelli relativi alla valutazione geriatrica multidimensionale, il progetto intende migliorare l’identificazione dei pazienti con Multimorbidità più suscettibili a eventi avversi, come la morte, la ri-ospedalizzazione e il declino funzionale. I risultati di questo studio permetteranno di migliorare
    i) il valore prognostico della Multimorbidità;
    ii) il profiling di pazienti appartenenti a diversi pattern Multimorbidità;
    iii) l’efficacia degli indici noti di comorbidità conoscenza dei meccanismi patofisiologici che caratterizzano la Multimorbidità;
    iv) l’informazione nei confronti del SSN sull’andamento della Multimorbidità rispetto agli esiti valutati.

    Ci si aspetta, poi, che i risultati vadano a supportare la pratica clinica e i processi decisionali per
    i) ridurre eventi avversi e il relativo peggioramento delle condizioni di salute della popolazione anziana
    ii) migliorare l’accesso ai servizi sanitari e, di conseguenza, ottimizzare la spesa sanitaria

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