I Dott. Soraci L, Cherubini A, Paoletti L, Filippelli G, Luciani F, Laganà P, Gambuzza ME, Filicetti E, Corsonello A e Lattanzio F hanno pubblicato sulla rivista scientifica Drugs & aging un lavoro intitolato “Safety and Tolerability of Antimicrobial Agents in the Older Patient”
Le infezioni sono molto comuni nei pazienti anziani e sono associate a un rischio significativamente più elevato di morbilità e mortalità. Il trattamento antimicrobico in questi soggetti rappresenta quindi una importante sfida clinica, che comporta un onere sempre più elevato per i sistemi sanitari di tutto il mondo. Tuttavia, la scelta della classe di agenti anti-microbici nei pazienti anziani è spesso una questione impegnativa. Infatti, la scelta del tipo di antibiotico da utilizzare deve tenere in considerazione diversi fattori legati al paziente, all'agente patogeno, alle proprietà farmacocinetiche e farmacodinamiche e alla presenza di regimi di politerapia, che possono aumentare significativamente il rischio di sviluppare reazioni avverse ai trattamenti, interazioni farmaco-farmaco e diffusione di infezioni con multiresistenza ai farmaci. Tutti questi aspetti devono essere presi in considerazione quando si prescrivono antimicrobici a pazienti anziani.
Lo scopo di questa review è stato quello di descrivere gli aspetti di farmacocinetica e farmacodinamica che possono influenzare la sicurezza dell’impiego di antimicrobici nei pazienti anziani, nonché il loro impatto sulla politerapia e sulle interazioni farmacologiche.
Soraci, L., Cherubini, A., Paoletti, L., Filippelli, G., Luciani, F., Laganà, P., Gambuzza, M. E., Filicetti, E., Corsonello, A., & Lattanzio, F. (2023). Safety and Tolerability of Antimicrobial Agents in the Older Patient. Drugs & aging, 1–28. Advance online publication. https://doi.org/10.1007/s40266-023-01019-3
Terapia nutrizionale e disfagia nei pazienti anziani
I Dott. Jukic Peladic N, Orlandoni P, Di Rosa M, Giulioni G, Bartoloni L e Venturini C. hanno pubblicato sulla rivista scientifica Nutrients un lavoro intitolato “Multidisciplinary Assessment and Individualized Nutritional Management of Dysphagia in Older Outpatients”
Diversi studi osservazionali hanno valutato l'efficacia della terapia nutrizionale per prevenire le complicanze della disfagia. Tuttavia, questi studi hanno utilizzato strumenti diversi per la valutazione dello stato nutrizionale e della disfagia, e diverse scale per la descrizione delle consistenze degli alimenti, rendendo i risultati incomparabili e le conoscenze sulla gestione della disfagia inconcludenti.
In questo studio retrospettivo osservazionale, sono stati valutati da un team multidisciplinare, presso l'Unità di Nutrizione Clinica dell'IRCCS INRCA, lo stato nutrizionale e la disfagia in 267 pazienti anziani nel periodo 2018-2021, utilizzando le scale e gli strumenti più recenti adottati a livello internazionale e approvati dalle società scientifiche. In particolare, sono stati utilizzati il GUSS test e l’ASHA-NOMS per la valutazione della disfagia, i criteri del GLIM per la valutazione dello stato nutrizionale ed il quadro IDDSI per la della descrizione delle consistenze dei cibi. La disfagia è stata diagnosticata in oltre il 96,0% dei soggetti in analisi; il 22,1% dei soggetti disfagici era anche malnutrito. In questi pazienti, la disfagia è stata trattata esclusivamente con la terapia nutrizionale, prevalentemente con diete personalizzate. Alla visita di follow-up, gli autori hanno osservato un miglioramento dello stato nutrizionale soprattutto nei soggetti che hanno aumentato l'apporto energetico e modificato la consistenza dei solidi, nei soggetti più giovani e in quelli che assumono meno farmaci e che non avevano riportato perdita di peso prima della prima valutazione.
Lo studio dimostra come la gestione nutrizionale della disfagia debba garantire sia un'adeguata consistenza degli alimenti che un apporto energetico-proteico adeguato. Le valutazioni e gli esiti dovrebbero essere descritti con scale universali, per consentire il confronto tra diversi studi e contribuire alla raccolta di un numero elevato di evidenze sull'efficacia delle diete nella gestione della disfagia e delle sue complicanze.
Jukic Peladic, N., Orlandoni, P., Di Rosa, M., Giulioni, G., Bartoloni, L., & Venturini, C. (2023). Multidisciplinary Assessment and Individualized Nutritional Management of Dysphagia in Older Outpatients. Nutrients, 15(5), 1103. https://doi.org/10.3390/nu15051103
Differenze di sesso/genere nell'infiammazione
I Dott. Olivieri F., Marchegiani F., Matacchione G., Giuliani A., Ramini D., Fazioli F., Sabbatinelli J., e Bonafè M hanno pubblicato sulla rivista scientifica Mechanisms of ageing and development un lavoro intitolato “Sex/gender-related differences in inflammaging”
La geroscienza pone i meccanismi dell'invecchiamento al centro delle più comuni malattie e disfunzioni legate all'età. In questa ottica, conoscere i meccanismi alla base dell'invecchiamento produrrà una migliore comprensione rispetto all'affrontare la fisiopatologia di ogni singola malattia individualmente.
In tutto il mondo, l'aspettativa di vita è più alta nelle donne che negli uomini, ma questo vantaggio delle donne in termini di mortalità, è controbilanciato da uno svantaggio in termini di disabilità, un fenomeno chiamato paradosso di sopravvivenza sanitaria tra donne e uomini. Questo fenomeno si traduce, quindi, in un rischio maggiore per le donne di vivere una longevità non sana, caratterizzata da compromissione funzionale.
Un'ampia letteratura ha suggerito che l'infiammazione è il vero fattore di rischio sia per il tasso di invecchiamento che per lo sviluppo e la progressione delle malattie legate all'età.
In questa review, gli autori hanno esaminato e discusso le differenze legate al sesso/genere che possono principalmente influenzare i due meccanismi cellulari che sono alla base dell'infiammazione, cioè l'immunosenescenza e l'accumulo di cellule proinfiammatorie senescenti. In paticolare, emerge una importante modulazione di questi due fenomeni da parte dello stato ormonale; la potenziale interazione tra i fattori ormonali e le differenze genetiche legate al sesso, nonchè i fattori socioeconomici, potrebbero contribuire, quindi, a spiegare il paradosso di sopravvivenza sanitaria tra donne e uomini. Gli autori, ipotizzano che comprendere meglio queste differenze legate al sesso nell’infiammazione possa inoltre aiutare a identificare e caratterizzare meglio i biomarcatori sesso-specifici delle traiettorie di invecchiamento.
Olivieri, F., Marchegiani, F., Matacchione, G., Giuliani, A., Ramini, D., Fazioli, F., Sabbatinelli, J., & Bonafè, M. (2023). Sex/gender-related differences in inflammaging. Mechanisms of ageing and development, 211, 111792.
https://doi.org/10.1016/j.mad.2023.111792
Le tecnologie digitali come fonti di informazione per pazienti e caregiver durante la pandemia COVID-19
I Dott. Hassan AYI, Bronzini M e Lamura G. hanno pubblicato sulla rivista scientifica Digital health un lavoro intitolato “Digital technologies as sources of information for patients and caregivers during COVID-19 pandemic: A cross-sectional survey”
La pandemia COVID-2019 ha avuto un impatto significativo sull'economia, sulla società e sui sistemi sanitari. I caregiver informali svolgono un ruolo centrale nella vita dei loro pazienti anziani fornendo loro assistenza logistica, supporto informativo e sostegno emotivo. Per far ciò, è importante sia per il paziente che per il caregiver stesso, che quest’ultimo abbia possibilità di accesso tempestivo a informazioni accurate, soprattutto durante le emergenze sanitarie. È stato infatti riscontrato che informazioni tempestive su minacce specifiche e sulle misure precauzionali necessarie, non solo attenuano il carico dei caregiver, ma li aiuta a prepararsi adeguatamente per fornire assistenza in modo efficace. Attualmente, si sa molto poco sul ruolo che ha avuto la tecnologia digitale come fonte di informazione per i pazienti e soprattutto per i caregiver informali durante la pandemia. Lo scopo di questo studio è stato quindi analizzare l’uso della tecnologia digitale durante la pandemia COVID-19 da parte dei caregiver informali al fine di determinare se fattori come la demografia, le risorse socioeconomiche e il contesto di assistenza possano aver influito sull'uso di queste tecnologie. Per far ciò, sono stati messi a confronto i dati ottenuti in due Paesi con due diversi sistemi di assistenza: Italia (sistema di assistenza basato sulla famiglia) e Svezia (sistema di assistenza universale). In generale, i risultati ottenuti da questo studio contribuiscono alla comprensione di come le tecnologie digitali siano un’importante fonte di informazioni soprattutto durante un'epidemia. Poiché le tecnologie digitali stanno diventando una fonte di informazione popolare e accessibile, i professionisti del settore medico dovrebbero tenere in considerazione anche i diversi gruppi di età dei caregiver quando forniscono informazioni online. Con la continua digitalizzazione dei sistemi sanitari, è necessario impegnarsi per mettere in atto un approccio inclusivo, al fine di ridurre le disuguaglianze nell'accesso alla tecnologia e garantire che le diverse popolazioni di pazienti e i loro caregiver siano supportati nell'ottenere tempestivamente informazioni accurate che soddisfino le loro esigenze.
Inoltre, per combattere l'infodemia, sono necessarie strategie volte ad affrontare la diffusione della disinformazione sui social media e sulle piattaforme online, promuovendo ad esempio la certificazione formale di piattaforme e app online sulla base della loro affidabilità.
Hassan, A. Y. I., Bronzini, M., & Lamura, G. (2023). Digital technologies as sources of information for patients and caregivers during COVID-19 pandemic: A cross-sectional survey. Digital health, 9, 20552076231156214. https://doi.org/10.1177/20552076231156214
L’impatto del coaching digitale sulla promozione della salute negli adulti durante la transizione dal lavoro alla pensione
I Dott. Santini S, Fabbietti P, Galassi F, Merizzi A, Kropf J, Hungerländer N e Stara V. hanno pubblicato sulla rivista scientifica International journal of environmental research and public health un lavoro intitolato “The Impact of Digital Coaching Intervention for Improving Healthy Ageing Dimensions among Older Adults during Their Transition from Work to Retirement”
Il pensionamento è un momento critico nella vita degli adulti più anziani, ed è quindi importante motivarli a rimanere fisicamente attivi, mentalmente sani e socialmente connessi nella transizione dal lavoro alla pensione, anche attraverso programmi di coaching digitale sulla promozione della salute. Questo studio si è proposto di valutare la capacità del coaching digitale di favorire l'invecchiamento sano mediante tre dimensioni: l'attività fisica, il benessere mentale e la socializzazione. Lo studio longitudinale a metodologia mista, è stato condotto nel 2021 in Italia e nei Paesi Bassi su 62 persone adulte prossime alla pensione. Nelle prime 5 settimane di sperimentazione, i partecipanti hanno utilizzato un coach digitale con il supporto di coach umani, per poi continuare in autonomia per altre 5 settimane. L'uso del coach digitale ha migliorato l'attività fisica, il benessere mentale e l'autoefficacia dei partecipanti nel primo periodo, e solo l'attività fisica nel secondo. Pertanto, il benessere mentale e la socializzazione rimangono le dimensioni dell'invecchiamento sano più difficili da affrontare con la tecnologia del solo coach digitale. Pertanto, è ancora necessario il supporto di un coach umano per ottenere risultati positivi a medio termine in questi ambiti. Dallo studio, è inoltre emerso che un sistema di coaching, per essere efficace, deve essere flessibile e attraente. Alti livelli di personalizzazione rimangono quindi il punto chiave per allineare il programma sanitario allo stato fisico, cognitivo e sociale del destinatario, aumentando così l'interazione utente-sistema, l'usabilità e l'accettabilità, oltre a migliorare l'adesione all'intervento.
Santini, S., Fabbietti, P., Galassi, F., Merizzi, A., Kropf, J., Hungerländer, N., & Stara, V. (2023). The Impact of Digital Coaching Intervention for Improving Healthy Ageing Dimensions among Older Adults during Their Transition from Work to Retirement. International journal of environmental research and public health, 20(5), 4034. https://doi.org/10.3390/ijerph20054034
TBLβ come indice di efficacia del trattamento dell'osteoporosi
I Dott. Zaia A, Maponi P, Sallei M, Galeazzi R e Scendoni P hanno pubblicato sulla rivista scientifica Biomedicines un lavoro intitolato “Measuring Drug Therapy Effect on Osteoporotic Fracture Risk by Trabecular Bone Lacunarity: The LOTO Study.”
L'osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro che induce fragilità ossea e un'aumentata suscettibilità alle fratture. Le fratture osteoporotiche sono responsabili dell’aumento della morbilità e della mortalità nella popolazione geriatrica, e le donne in perimenopausa (50-65 anni) presentano il rischio più elevato di insorgenza precoce di osteoporosi.
Attualmente, nella pratica clinica, la diagnosi di osteoporosi viene fatta mediante stima della densità minerale ossea (BMD). Tuttavia, la sola BMD non rappresenta un buon predittore del rischio di fratture osteoporotiche.
Recentemente, presso il nostro istituto, è stato sviluppato un nuovo parametro, il TBLβ (parametro di lacunosità ossea trabecolare β), derivato dall’analisi delle immagini di risonanza magnetica ad alta risoluzione, che è risultato essere in grado di rilevare cambiamenti della microarchitettura ossea trabecolare (TBA) indotti dall'invecchiamento e dall'osteoporosi.
In particolare, uno studio precedente aveva mostrato che la TBLβ è statisticamente più bassa nei soggetti con fratture vertebrali rispetto a quelli senza frattura, dimostrandosi quindi come un ottimo biomarcatore di degenerazione della TBA e di rischio di frattura osteoporotica.
Con questo studio, gli autori hanno indagato il potenziale del TBLβ come indice di efficacia del trattamento dell'osteoporosi. In particolare, sono state considerate donne non trattate (N = 156) e trattate (N = 123). I risultati hanno mostrato che la TBLβ discrimina efficacemente tra pazienti con fratture vertebrali (VF+) e pazienti senza (VF-). Inoltre, il trattamento, in particolare la terapia farmacologica (89% bifosfonati), contrasta significativamente la differenza tra VF+ e VF- all'interno e tra i gruppi: I valori di TBLβ nei pazienti trattati sono paragonabili a quelli dei VF- non trattati e statisticamente superiori a quelli dei VF+ non trattati (p = 0,014). Questi risultati evidenziano il ruolo potenziale della TBLβ come indice di efficacia del trattamento.
Zaia, A., Maponi, P., Sallei, M., Galeazzi, R., & Scendoni, P. (2023). Measuring Drug Therapy Effect on Osteoporotic Fracture Risk by Trabecular Bone Lacunarity: The LOTO Study. Biomedicines, 11(3), 781. https://doi.org/10.3390/biomedicines11030781
Associazione tra senso di solitudine e qualità di vita in soggetti anziani con multimorbidità
I Dott. Vespa A., Spatuzzi R., Fabbietti P., Di Ros M., Bonfigli A. R., Corsonello A., Gattafoni P. e Giulietti M. V hanno pubblicato sulla rivista scientifica International journal of environmental research and public health un lavoro intitolato “Association between Sense of Loneliness and Quality of Life in Older Adults with Multimorbidity”
È oramai ampiamente provato che la multimorbilità è associata ad esiti negativi per la salute, come la riduzione della funzionalità fisica, scarsa qualità di vita (QoL) e ridotta salute mentale. In questo contesto, molti studi hanno anche evidenziato l'importanza delle relazioni sociali per proteggere dallo sviluppo e dalla progressione delle malattie fisiche e per promuovere la salute mentale, in particolare negli anziani. La solitudine o l'assenza percepita di relazioni sociali positive è stata infatti collegata all’aumento della sintomatologia depressiva, al deterioramento delle prestazioni cognitive, alla progressione della demenza, alla probabilità significativa di ricovero in una casa di cura e all'insorgenza di più malattie con limitazioni funzionali negli anziani. Sebbene di recente sia stata prestata maggiore attenzione a questo fenomeno, si sa ancora relativamente poco sull'associazione tra multimorbilità fisica e senso di solitudine. Pertanto, il presente studio si è posto l’obiettivo di esaminare cosa influisce sullo stato emotivo e sulla qualità della vita quando in una persona anziana sono presenti due o più malattie fisiche (multimorbilità), e se il senso di solitudine gioca un ruolo in questo contesto. Per isolare il senso di solitudine, sono stati studiati 162 pazienti anziani con multimorbilità che vivono in famiglia (e quindi con la presenza oggettiva di relazioni). I dati ottenuti hanno confermato che il supporto sociale e il senso di solitudine sono fattori predittivi di una peggiore qualità di vita nei pazienti con multimorbilità. Inoltre, non è il semplice isolamento sociale come dimensione oggettiva, ma il sentirsi soli, anche in presenza di relazioni significative, a influenzare la salute psico-fisica degli anziani. Tutte queste considerazioni suggeriscono che lo screening della multimorbilità e della sindrome di fragilità dovrebbe tenere in considerazione anche la presenza di relazioni sociali e la percezione soggettiva di queste da parte del paziente. Questo studio permette quindi di identificare le persone più a rischio e pone le basi per la ricerca sia sulla diagnosi che sul trattamento di soggetti anziani con multimorbilità.
Vespa, A., Spatuzzi, R., Fabbietti, P., Di Rosa, M., Bonfigli, A. R., Corsonello, A., Gattafoni, P., & Giulietti, M. V. (2023). Association between Sense of Loneliness and Quality of Life in Older Adults with Multimorbidity. International journal of environmental research and public health, 20(3), 2615. https://doi.org/10.3390/ijerph20032615